NO alla democrazia dimezzata
La posta in gioco tra il Sì e il No nel prossimo referendum costituzionale non è il Senato ma è l’abbandono della Costituzione vigente e la sua sostituzione con un sistema di democrazia dimezzata in cui i valori e i diritti riconosciuti nella prima parte della Carta, da cui dipendono la vita, la salute e la possibile felicità del cittadini, sarebbero isolati e neutralizzati per lasciare libero campo al potere del denaro e delle sue istituzioni nazionali e sovranazionali. Questo, col supporto di una legge elettorale congegnata per dare tutto il potere a un solo partito, è il disegno delle riforme istituzionali oggi sottoposte al popolo come nuove, ma concepite da vecchi politici, nostalgici dei modi spicciativi di governo di un lontano passato.
Mettendo mano alla Costituzione questi politici vogliono riaprire vecchie questioni di democrazia risolte da tempo e da cui non si può tornare indietro: divisione dei poteri, sovranità popolare, fiducia parlamentare ai governi senza vincolo di disciplina di partito, libertà e diritti sottratti all’arbitrio dei poteri, anche se espressi dalle maggioranze. Si sarebbero dovute fare al contrario riforme rivolte al futuro, a partire dalla domanda sul perché i diritti al lavoro e a condizioni economiche e sociali che non impediscano il pieno sviluppo della persona umana, pur sanciti in Costituzione, non si sono mai realizzati, e non certo per colpa solo del Senato. È questa domanda, non quella sul numero dei senatori, che avrebbe risvegliato la coscienza pubblica, a cominciare dai giovani oggi così disperati, e curato la piaga sociale dell’assenteismo e dell’indifferenza.
La Costituzione è un bene comune e, pur provenendo ciascuno da parti diverse, comune deve essere la battaglia di uomini e donne per la sua cura e la sua difesa, ognuno lottando però con i suoi colori e con le sue bandiere. I cristiani già altre volte, in momenti cruciali della storia della Repubblica, sono stati determinanti con le loro scelte nei referendum per un avanzamento della democrazia e della laicità e per tenere aperta la via di vere riforme. Oggi come cattolici ci sentiamo di nuovo chiamati a votare NO alle spinte restauratrici, e così ci saranno dei “Cattolici del NO” in questo referendum. Allo stesso modo speriamo nell’impegno di molti altri cristiani di ogni denominazione e confessione. Ugualmente voteranno NO moltissimi che cristiani o credenti non sono, magari anche più motivati e determinati di noi. Ma noi, che pur non siamo soliti nominare la fede nella lotta politica, questa volta diciamo NO proprio come cattolici, rispettando in ogni caso quanti saranno spinti da motivazioni diverse.
Prima di tutto votiamo NO per una questione di giustizia. Se, nel suo significato più elementare, la giustizia è “la correttezza di una pesata eguale”, lo scambio che ci viene proposto, di dar via metà della Costituzione per avere in cambio ancora Renzi al potere, non è giusto. Renzi e la Costituzione non hanno lo stesso peso, e mentre il primo non ci è costato niente (non lo abbiamo nemmeno eletto) la Costituzione ci è costata molto, in pensiero e martiri anche nostri. Perciò, come voto di scambio, Renzi contro la Costituzione è uno scambio ineguale.
Di conseguenza se in questo gioco d’azzardo con la Costituzione Renzi, perdendo, vorrà lasciare il potere, ce ne faremo una ragione. Ma avremo salvato l’idea che ci vuole un minimo d’equità anche in un baratto.
In secondo luogo votiamo NO per una questione di verità. Non è vero che la Costituzione vigente è vecchia, tant’è che da vent’anni si cerca di cambiarla. Vero è che da vent’anni essa resiste, anche grazie a imponenti voti popolari. Vecchia è invece la proposta Costituzione nuova, che dà più potere al potere e meno potere ai cittadini, in ciò tornando allo Statuto albertino concesso dal re e finito in Mussolini. Ma è un’illusione che dia più potere a Renzi e alla Boschi, che già conosciamo; in realtà darà più potere e forza esecutiva a uno di quei mangiapopoli arruffoni e razzisti che oggi circolano in Europa e che facilmente, col marketing delle agenzie pubblicitarie e dei telefonini scambiati per modernità, potrà insediarsi a palazzo Chigi e nei 340 seggi di replicanti assegnatigli per legge nella Camera residua, con tutti i poteri compreso il diritto di guerra.
Non è vero che con la nuova Costituzione si ridurranno i costi della politica. I deputati restano 630, le spese delle province ricadranno su altri enti, il Senato rimane a gravare sul bilancio pubblico col suo palazzo e tutto il suo apparato, anche se viene ridotto ad un club nobiliare per consiglieri regionali e sindaci che passeranno a Roma uno o due giorni alla settimana (sicché il Senato sarà il primo Ufficio Pubblico a brillare per l’assenteismo del suo personale).
In terzo luogo votiamo no per una questione di patriottismo costituzionale. Consideriamo la Costituzione la nostra Patria, sia come cittadini che come cattolici. Come cittadini temiamo che il crollo dell’architettura della Repubblica causato dalla ristrutturazione in corso travolga anche i diritti e i valori fondamentali. Come cattolici ci sentiamo figli della Costituzione perché, benché inattuata, mette al di sopra di tutto la persona umana e perché fa del lavoro, che una volta era considerato il compito abbrutente del servo, il fondamento stesso della Repubblica e il diritto col quale sta o cade la dignità del cittadino.
Infine votiamo NO per coerenza storica. Per secoli si è chiesto alla Chiesa di riconoscere la sovranità del diritto e la divisione dei poteri, e sarebbe assurdo che proprio ora che il papa le ha solennemente proclamate all’ONU, i cattolici italiani ne abbandonassero la difesa per tornare a quella vecchia, decrepita, infausta cosa che è l’uomo solo al comando e tutti gli altri a dire di sì.
Ma coerenza storica ci impone di votare no anche perché i cattolici in Italia hanno messo il meglio di sé nella Costituzione repubblicana. È la cosa migliore che hanno fatto nel Novecento. Dopo la scelta antiunitaria e revanscista della questione romana, dopo la sconfitta del Partito popolare, dopo l’acquiescenza al fascismo, e grazie alla partecipazione alla Resistenza, la Costituzione è stato il dono più alto che i cattolici, certo non da soli, hanno fatto all’Italia. Ora si dovrebbe cambiarla per portarla su posizioni più avanzate (più diritti, più sicurezza sociale, lavoro, cultura, più garanzie contro la cattiva “governabilità” e l’arroganza della politica), non certo sfasciarla.Queste sono le ragioni, laiche e sacrosante, del nostro NO alla rottamazione costituzionale.
Anna Falcone, avvocata, Domenico Gallo, magistrato, Raniero La Valle, giornalista, Alex Zanotelli, missionario comboniano, Raffaele Nogaro, vescovo emerito di Caserta, Lorenza Carlassare, costituzionalista, Paolo Maddalena, vice-presidente emerito della Corte Costituzionale, Boris Ulianich, storico del cristianesimo, Enrico Peyretti, “operaio del leggere e scrivere”, Torino, Adista, settimanale di informazione politica e documentazione, avv. Francesco Di Matteo, presidente del Comitato per il No di Bologna, Giovanni Avena, giornalista, Roma, Eletta Cucuzza, Roma, Angelo Cifatte, funzionario comunale, Genova, Lidia Menapace, partigiana già senatrice, “Koinonia”, mensile, Convento San Domenico, Pistoia, Alberto Simoni, domenicano, Vittorio Bellavite, “Noi siamo Chiesa”, Lorenzo Acquarone, docente universitario, già parlamentare, Genova, Suore orsoline di Casa Rut, Caserta, Raffaele Luise, presidente del Cenacolo degli amici di papa Francesco, Maurizio Chierici, giornalista, Waldemaro Flick, avvocato, Genova, Francesco De Notaris, senatore nella XII legislatura, Napoli, Giuseppe Campione, docente di Geografia politica, presidente della Regione Sicilia dopo le stragi del ’92, avv. Nanni Russo, già parlamentare, Savona, Sergio Tanzarella, professore di Storia della Chiesa, Facoltà teologica dell’Italia Meridionale, Pasquale Colella, docente di diritto canonico, “Il tetto”, Napoli, Giuseppe Florio, Presidente di “Progetto Continenti”, Roma, Lanfranco Peyretti, Marco Romani, “Pane Pace Lavoro”, Reggio Emilia, Gilberto Squizzato, giornalista, Busto Arsizio, Marina Sartorio, insegnante, Genova, Maria Pia Porta, insegnante, Genova, Paolo Farinella, prete, Genova, Paolo Lucchesi, sindacalista, Barberino Val D'Elsa (FI), Antonino Cinquemani, Palermo, Maria Luisa Paroni, Sabbioneta (Mantova), Giovanni Bianco, giurista, Nicola Colaianni, professore di diritto ecclesiastico, Bari, Franco Ferrara, Presidente Centro Studi Erasmo, Gioia del Colle, Carlo Cautillo, prete passionista, Claudio Michelotti, Parma, Michele Celona, architetto, Mantova, Maria Luisa Maioli, pensionata, Mantova, Gaetano Briganti, insegnante,Mercogliano (Av), Fiorella Ferrarini, vicepresidente Anpi provinciale di Reggio Emilia, Valeria Indirli, catechista, Roncoferraro (Mantova), Rosa Pappalardo, San Fratello (Messina), Corrada Salemi, Dina Rosa - Agoiolo (CR) per SALVIAMO IL PAESAGGIO (sezione casalasca), prof.ssa Marzia Benazzi, Mantova, Bianca Mussini, maestra, Bozzolo (Mn). Eliana Strona, Torino, Carla Zauli, Bologna, Stefano Ventura, ricercatore CNR, capo scout, Bologna, Giovanni Nespoli, Renata Rossi, insegnante, Giorgio Azzoni, diacono, Carla Pellacini, Gianni Gennari, teologo e giornalista, Annamaria Fiengo, insegnante di filosofia, Marco Badiali, Salesiano Cooperatore, Bologna, Luigi Bottazzi, presidente del Circolo G. Toniolo di Reggio Emilia, Fabio Ragaini, Francesco Capizzi, chirurgo, Bologna, Giuseppe Acocella, ordinario di Teoria generale del diritto, Università Federico II, Napoli, Maria Teresa Cacciari, Bologna, Roberto Mancini, docente di filosofia, Università di Macerata, Aldo Antonelli, prete, Avezzano (AQ), Carmine Miccoli, prete, Lanciano (CH), Pio Russo Krauss, Comunità cristiana di Via Caldieri, Napoli, Antonio Vermigli, direttore della rivista “In dialogo”, Quarrata (PT), Giancarlo Poddine, Savona, Antonio Mammi, Comitati Dossetti di Casalgrande, Reggio Emilia, Angela Mancuso, Firenze, Nicola Tranfaglia, Università di Torino, Grazia Tuzi, eredi via Chiesa Nuova 14, (Comunità del porcellino), Emanuele Chiodini, San Martino Siccomano, (PV), Aristide Romani
Possono firmare questo appello sia persone singole che riviste, gruppi, circoli, associazioni.
La sede del Comitato dei cattolici del NO è in Via Acciaioli 7, 00186, Roma tel. 066868692, fax 066865898, mail: cattolicidelno@gmail.com, e in ogni computer o cellulare che fungerà da campana per avvertire del pericolo.Il Comitato aderisce al Comitato per il No nel referendum e al Coordinamento per la Democrazia Costituzionale.
Chi, pur senza firmare questo appello, vuole partecipare alla battaglia per il NO, può aderire al Comitato per il No nel referendum costituzionale a questo link:
http://coordinamentodemocraziacostituzionale.net ,
oppure
http://www.iovotono.it ,
o scrivere a:
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