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martedì 16 dicembre 2025

Macché separazione delle carriere!

 La separazione delle carriere è uno specchietto per allodole: di fatto già c'è. 

Il vero cuore della riforma Nordio della Giustizia è la limitazione della libertà d'azione del Pubblico Ministero. Basta un articolo:

   L'art. 112 Cost. oggi recita: "Il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale."
   La riforma lo modifica così: "L’ufficio del pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale secondo i criteri stabiliti dalla legge."
   Cioè, basterà una legge ordinaria per dare ai PM indicazioni obbligatorie su quali reati perseguire prioritariamente (forse blocco stradale e immigrazione clandestina?) e quali invece trascurare in attesa della prescrizione (forse corruzione e concussione).

Una modifica più sottile riguarda lo stravolgimento dell'attuale Consiglio Superiore della Magistratura, che verrà smembrato in tre componenti: un CSM per i Pubblici Ministeri, uno per la Magistratura Giudicante, e una Commissione Disciplinare. In tutt'e tre queste componenti, i membri "laici", eletti dal Parlamento in seduta comune, e fra i quali dev'essere eletto il vicepresidente di diritto (cioè, per prassi, il presidente di fatto), non saranno più 1/3, ma la metà. Per di più, i componenti togati, eletti dei magistrati, non saranno più eletti fra tutti i magistrati ordinari facenti parte delle varie categorie, ma da una rosa di "eleggibili" determinata per sorteggio, per le cui modalità e limiti numerici la riforma rinvia ad una futura legge ordinaria. 

Di fatto, questi organismi verranno messi sotto il controllo della maggioranza parlamentare, ossia del Governo. E quale PM oserà non seguire le indicazioni del Governo in carica, anche quelle solo suggerite, senza esplicitarle in una legge, sapendo che le sue valutazioni, promozioni e trasferimenti verranno decise da un organo controllato dalla maggioranza parlamentare?


Il NO al referendum sulla legge Nordio può bloccare questo stravolgimento della Costituzione ed è un modo per riportare a votare tanti cittadini, perché in questa occasione il voto di ciascuno vale e decide. Un referendum costituzionale è valido con qualunque numero di votanti. Chi vota decide.

I tempi non sono larghissimi: si voterà, presumibilmente, a fine Marzo 2026.

- o -

Per questo, il 9 dicembre si è svolta l’Assemblea per la definizione del COMITATO PER IL NO al referendum sulla controriforma della giustizia Nordio, cui hanno partecipato, a partire dalla Via Maestra, molte Associazioni, Movimenti e personalità giuridiche. Presidente del Comitato è stato designato dall'Assemblea Giovanni Bachelet, figlio di Vittorio assassinato dalle Brigate Rosse, già deputato e docente di Fisica della Materia alla Sapienza.

Dopo le festività verrà organizzata una grande Assemblea nazionale a Roma per il lancio della campagna referendaria (probabilmente per il 10 gennaio). Al più presto si produrranno materiali di informazione ed il Logo del Comitato. 


E' stato chiesto che già da ora, in tutti i territori, si dia luogo ad iniziative per costituire ovunque possibile i Comitati per il NO locali.

A Trieste lo stiamo costruendo. 




lunedì 15 dicembre 2025

FERMIAMOLI ANCORA UNA VOLTA!

Il 3 dicembre 2004 la Corte Costituzionale depositò la sentenza 192/2004 che massacrava la legge sull'attuazione dell'Autonomia Differenziata. Ma già 20 giorni prima, il 14 novembre, l'aveva anticipata con un comunicato stampa che vale la pena leggere: https://www.cortecostituzionale.it/documenti/comunicatistampa/CC_CS_20241114180612.pdf

Dopo aver riassunto in maniera chiarissima tutti gli aspetti incosituzionale della legge, il comunicato termina con queste parole:
"La Corte resta competente a vagliare la costituzionalità delle singole leggi di differenziazione, qualora venissero censurate, con ricorso in via principale da altre regioni, o in via incidentale."

Questo è qualcosa di più di un comunicato stampa che anticipa una sentenza da pubblicare a breve. E' un invito esplicito alla vigilanza, e la richiesta che chi può - le altre Regioni, e i giudici nel corso di un eventuale processo - non esiti a rivolgersi alla Corte stessa nel caso che intese fra Governo e Regioni, scritte ignorando la sentenza, vengano approvate dal Parlamento. Che è quanto potrà verificarsi a breve. 

 


Questo il comunicato in merito dei tavolo No AD:

 

FERMIAMOLI ANCORA UNA VOLTA!

Per interessi di potere, il governo Meloni sta distruggendo con le “deforme” del Premierato assoluto, dell’assetto della Magistratura, dell’Autonomia differenziata le basi della Repubblica, e sta cancellando la Costituzione del 1948.


Il 18 e il 19 novembre il ministro per gli Affari regionali e le autonomie, Roberto Calderoli, e i Presidenti delle Regioni Piemonte, Lombardia, Veneto e Liguria hanno siglato quattro pre-intese (che verranno definitivamente redatte entro il 31 dicembre 2025!) per l’applicazione dell’Autonomia differenziata relativamente a Protezione Civile, Professioni (albi professionali, esami, compensi), Previdenza complementare e integrativa, Coordinamento della finanza pubblica in materia sanitaria.


Queste pre-intese violano da diversi punti di vista la sentenza 192 del 3 dicembre 2024 della Corte Costituzionale, sollecitata dal ricorso di alcune regioni contro la Legge 86/2024 e contenente rilievi e indicazioni di non-conformità con la Carta, vincolanti per il legislatore.


- Innanzitutto, le quattro pre-intese sono praticamente identiche. Ciò fa venir meno il principio sancito dalla Corte secondo il quale ogni accordo che preveda incremento di competenze da parte di una Regione debba essere riconducibile ad una specificità territoriale comprovata. Si tratta di un principio fondamentale, non solo perché nega di poter procedere “a grappolo” - come invece viene fatto in questa occasione - ma più precisamente perché chiarisce che l’Autonomia differenziata non può devolvere alle Regioni qualche funzione per il semplice desiderio di un Presidente, di una Giunta o di un Consiglio di avocarla a sé; bensì, deve trovare una motivazione specifica che giustifichi tale devoluzione e dimostrare che l’esercizio della funzione da parte della Regione sia più vantaggioso per cittadine/i. Il ministro Calderoli, pur di attuare l’Autonomia Differenziata, non tiene conto della sentenza della Consulta, violando altresì i  principi dell’art. 5 della Costituzione sull’unità della Repubblica.


- Il secondo elemento di criticità è dato dal passaggio alle Regioni di intere materie, possibilità esclusa categoricamente dalla Corte. Ebbene, il ministro Calderoli e i Presidenti delle Regioni coinvolte tentano in modo palese di aggirare questo ostacolo, spacchettando” le materie in singole funzioni che poi, sommate, ricostituiscono il totale.


- Il terzo elemento in contrasto con la sentenza concerne la distinzione tra materie LEP e non-LEP. La Corte ha indicato chiaramente come, qualora gli accordi riguardino aspetti che contengano risvolti sociali o civili, sia necessario in ogni caso definire preventivamente i LEP. Ciò viene disatteso apertamente, quantomeno per Protezione civile e Previdenza complementare integrativa. Ancora: per quanto riguarda la Sanità siamo, invece, di fronte semplicemente ad un inganno. I Lea (equiparati dalla sentenza della Consulta ai Lep) stabiliscono attualmente finanziamenti che non soddisfano nemmeno i livelli essenziali delle prestazioni sanitarie; la Corte Costituzionale ha chiarito inoltre che – per quanto riguarda i Lep - non si tratterebbe di livelli minimi, ma di livelli in grado di soddisfare le esigenze fondamentali dei destinatari della prestazione.


- Infine, la Corte ha indicato chiaramente come qualunque percorso mirato ad attuare l’Autonomia differenziata debba seguire un determinato iter parlamentare, affermando: ‘Spetta, però, solo al Parlamento il compito di comporre la complessità del pluralismo istituzionale […] La sede parlamentare consente un confronto trasparente con le forze di opposizione e permette di alimentare il dibattito nella sfera pubblica, soprattutto quando si discutono questioni che riguardano la vita di tutti i cittadini. Il Parlamento deve, inoltre, tutelare le esigenze unitarie tendenzialmente stabili, che trascendono la dialettica maggioranza-opposizione’.
In virtù di queste precise considerazioni, la Corte ha chiesto che venisse ridefinito l’intero iter procedurale delle Intese; ciò che il Governo non ha fatto e che, invece,
dovrebbero fare i gruppi parlamentari, assumendo l’iniziativa per riportare il Parlamento e ‘il dibattito della sfera pubblica’ al centro del processo decisionale
sull’AD.


Il ministro Calderoli ci ha abituato al gioco su più tavoli: mentre ha presentato un ddl di legge delega sui LEP in discussione al Senato, contemporaneamente ha inserito in legge di Bilancio - agli articoli 123-128 - i LEP relativi alle prestazioni nel settore sanitario, all'assistenza nel settore sociale, all’assistenza e all’autonomia e alla comunicazione personale per gli alunni e gli studenti con disabilità.
Nella passata legge di Bilancio era stato individuato l’iter completo per la determinazione dei Lep, investendone un organo di nomina governativa e di provenienza burocratica, venendo così meno alle prescrizioni del c. 2 art. 117 Cost, che assegna al Parlamento la potestà legislativa esclusiva sulla determinazione dei Lep. Tale procedura, fatta oggetto delle rimostranze e dei ricorsi relativi alla L.86/2024, presentati dalle Regioni Campania, Puglia, Toscana e Sardegna, è stata dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale.
Qualche giorno fa, le opposizioni parlamentari hanno chiesto lo stralcio degli articoli 123-128 della Legge di Bilancio 2026, e - qualora l'istanza non venisse accolta - ne hanno chiesto la soppressione. Giuste richieste, da sostenere anche con iniziative pubbliche.


Queste prime considerazioni, che potranno essere seguite da analisi più specifiche degli esperti, ci inducono comunque a concludere che, ancora una volta, il Ministro Calderoli e le Regioni che “scalpitano” per ottenere l’Autonomia stanno perseguendo una strada anticostituzionale, pur di aprire una breccia nell’unità della Repubblica, coscienti di creare un precedente in grado di allargare questo varco successivamente, a poco a poco, fino a realizzare il loro vero progetto, i loro veri intenti: dividere il Paese e porre fine a qualunque rivendicazione e pretesa di uguaglianza dei diritti, dei servizi, delle conquiste, già oggi tanto ridotte.

Il mancato rispetto e il disprezzo che Calderoli e il Governo stanno dimostrando ancora una volta per le istituzioni della Repubblica sono funzionali al loro fine ultimo: attuare la secessione dei ricchi. 

È dunque di nuovo tempo di mobilitarsi, con forme unitarie e piattaforme definite, con tutti i mezzi a disposizione, per fermare questo progetto eversivo. 

 Calderoli ha dovuto rinunciare alla pretesa di dividere il Paese in un solo “colpo”, ma il pericolo è forse, oggi, ancora più grande, di fronte alla strategia del “passo a passo” che le pre-intese prefigurano. 

L’intento di Calderoli va smascherato pubblicamente; il disprezzo nei confronti della Corte Costituzionale - e, ancor più, verso i/le cittadini/e di tutto il Paese - va denunciato e contrastato.

Nel Paese, in nome dei diritti universali, individuati nelle Carte internazionali, si è manifestato negli ultimi mesi un vasto movimento per porre fine al genocidio a Gaza e per sostenere la Palestina. Nei porti, fabbriche, uffici, scuole, servizi, nelle piazze, cittadini e cittadine si sono mobilitati contro i progetti di riarmo e di disumanizzazione istituzionalizzata. Dobbiamo continuare a dar forza alle proteste contro il riarmo - che sottrae risorse ai servizi sociali - e contro la cultura militarista che si vuole diffondere nelle scuole e nell’università, incentivando peraltro la leva militare. Negli ultimissimi giorni le mobilitazioni hanno interessato il contrasto alla legge di Bilancio, con due scioperi generali e molti presidi di mobilitazione, a partire dalla dura e giusta lotta degli operai dell’ILVA, che indicano la strada da seguire. 

La disgregazione della Repubblica democratica, del suo tessuto sociale e civile, delle sue istituzioni - che le destre al Governo stanno realizzando con i disegni dell’AD, del premierato assoluto, dell’attacco alla magistratura – è l’obiettivo che il Governo si sta meticolosamente impegnando a realizzare. Le mobilitazioni ispirano fiducia e ci spingono a rilanciare la lotta contro l’AD, non solo a livello istituzionale, ma costruendo tavoli unitari sui temi più rilevanti - quali la sanità e l’istruzione - per alimentare conflitti che si contrappongano alla devoluzione delle competenze di queste e di altre materie, finalizzate a forme sempre più estreme di privatizzazione – come nel caso della Sanità - e di asservimento dell’Istruzione agli interessi dell’industria, con la conseguente cancellazione delle funzioni in capo alla scuola della Repubblica, così come delineata nella Carta costituzionale. Attraverso queste due espressioni fondamentali dei diritti sociali, si sta tentando di mettere in atto il progetto di sottrazione del principio di universalità ancor prima che l’autonomia differenziata diventi legge. Oltre a questi due ambiti cruciali, possono e devono - se l’autonomia differenziata proseguisse il suo cammino - divenire oggetto di riflessione e mobilitazioni altre questioni fondamentali: tra le quali trasporto, infrastrutture, territorio, beni culturali e ambiente. È necessario altresì esercitare una puntuale critica di tutte quelle “materie” che le Intese vorranno devolvere alla competenza regionale, in modo da sollevare un diffuso dissenso nell’opinione pubblica. 

L’affiancamento della riflessione collettiva alle iniziative di contrasto all’AD a livello istituzionale rispecchia la nostra convinzione che mobilitazioni sociali e conflitti
istituzionali si alimentano a vicenda.

Convochiamo

presidi simultanei per il 19 dicembre sotto i palazzi delle Regioni o davanti alle sedi istituzionali per contestare l’illegittima accelerazione del Governo sull’Autonomia differenziata e consegnare questo nostro documento. Esso verrà accompagnato dalle petizioni regionali sottoscritte da migliaia di cittadine/i – là dove le firme sono state raccolte - affinché le singole Regioni non procedano alle intese.

Sosteniamo

la richiesta di stralcio/soppressione degli articoli 123-128 della legge di Bilancio 2026. Sottolineiamo la necessità di definire con una legge preliminare il ruolo del Parlamento nella rideterminazione dei rapporti tra i diversi livelli territoriali, che si ispirino ai principi di solidarietà e cooperazione.

Chiediamo con forza

che le Regioni, in particolar modo quelle amministrate dal centro-sinistra, esprimano da subito la loro contrarietà e si impegnino a ricorrere alla Corte Costituzionale,
se mai venissero approvati i LEP – tanto nella legge di Bilancio quanto nel disegno di legge delega A.S. 1623 - per scongiurare gli effetti discriminatori che essi provocherebbero.

L’attivazione di tavoli unitari per definire piattaforme di lotta e le iniziative di livello istituzionale sono le due vie per contrastare i disegni del ministro Calderoli e del governo delle destre e contribuire a innescare nuovi conflitti sui diritti sociali e civili, con mobilitazioni unitarie guidate da finalità comuni.

Questo il nostro compito, questa la nostra – collettiva – responsabilità.

 

Comitati contro ogni AD, associazioni, movimenti, forze sindacali e politiche riunite nel
Tavolo No AD