Settanta avvocati del Foro di Trieste hanno concordemente predisposto un "Manifesto" nel quale si spiegano all'opinione pubblica le ragioni per cui hanno deciso di votare "NO" al prossimo referendum costituzionale.
QUI in PDF il documento, completo delle 70 firme, il cui testo viene riportato anche in calce a quest'articolo.
Il "Manifesto" è stato redatto esponendo ed enumerando esclusivamente ragioni giuridiche e prescinde da ogni considerazione politica essendo la volontà dei sottoscrittori di evitare ogni possibile strumentalizzazione.
L'iniziativa viene motivata dalla doverosità per i professionisti del diritto di prendere una posizione pubblica e precisa a riguardo di una revisione che riguarda ben 40 articoli della Carta Costituzionale che costituisce ancora oggi il fondamento del nostro ordinamento e della nostra democrazia.
I firmatari invitano colleghe e colleghi di tutta Italia a diffondere l'iniziativa anche nei rispettivi Fori, e a raccogliere le possibili adesioni, che possono essere comunicate all'Avv. Fulvio Vida, all'indirizzo fulvio@studiolegalevida.it
Questo il loro appello:
Cari amiche e amici, egregi Colleghe e Colleghi,
La presente per informarVi che Settanta avvocati del Foro di Trieste hanno ritenuto loro dovere civico firmare il "Manifesto" che Vi allego.
L'iniziativa è finalizzata ad informare i concittadini delle motivazioni per le quali i firmatari intendono votare "NO" al prossimo referendum costituzionale.
Il "Manifesto" è stato redatto accantonando con il massimo rigore le personali simpatie politiche, che tra i firmatari sono le più varie, ma rimanendo strettamente ancorati ad una mera valutazione tecnico-giuridica, formulata sulla scorta della rispettiva formazione culturale e sulla comune consapevolezza della funzione pubblica e sociale della professione forense.
Attesa la rilevanza della questione è richiamando il nostro comune sentimento nei confronti dei principi costituzionali del nostro ordinamento democratico - sul quale tutti noi abbiamo giurato - Vi invito a diffondere l'iniziativa anche nei Vostri Fori e a raccogliere le possibili adesioni.
Iniziativa questa, ribadisco, che ha come solo fine di permettere alla frastornata pubblica opinione di poter conoscere, senza infingimenti di sorta, le effettive manchevolezze della c.d. "Riforma Boschi".
Ciò al netto delle valutazioni e delle contraddizioni partitiche che quotidianamente tracimano attraverso un'informazione pubblica non sempre obiettiva e disinteressata.
Vi ringrazio per l'attenzione e confido in una Vostra adesione.
Fulvio Vida
AVVOCATI E RIFORMA COSTITUZIONALE
I sottoscritti avvocati del Foro di Trieste, in relazione al prossimo referendum avente oggetto la riforma della Carta costituzionale approvata dal Parlamento, ritengono loro dovere civico di rendere edotti i cittadini delle motivazioni, che di seguito si enumerano, per le quali intendono votare "NO" al referendum in questione.
Un tanto, accantonando con il
massimo rigore le personali simpatie politiche, che tra i
sottoscrittori sono le più varie, ma rimanendo strettamente
ancorati ad una mera valutazione tecnico-giuridica, formulata sulla
scorta della rispettiva formazione culturale e sulla comune
consapevolezza della funzione pubblica e sociale della professione
forense.
- La c.d. "Riforma Boschi" è una legge dal contenuto disomogeneo che sottende a tre complesse questioni di rilevanza costituzionale e che comprendono la modifica di ben 40 articoli della Carta che trattano di temi del tutto dissimili. A fronte di tale complessa articolazione l'elettore sarà chiamato ad esprimersi con un semplicistico SI o un NO, con palese violazione sia della sovranità popolare (art. 1, comma II, Cost.) e sia della libertà di voto (art. 48 Cost.).
- La c.d. "Riforma Boschi" è frutto di un'iniziativa governativa e non di iniziativa parlamentare come invece avrebbe dovuto essere secondo il nostro sistema costituzionale e secondo gli insegnamenti dei nostri padri costituenti, giacché la Costituzione rappresenta la legge fondamentale dello Stato e non un atto di parte, ovvero solo di quelle parti che appoggiano un governo.
Tale "tecnica"
legislativa ha di fatto abbassato l'approvazione della riforma della
Costituzione al livello dell'iter di una legge ordinaria, dove oggi
prevalgono interessi di parte e (purtroppo) strafalcioni letterali e
giuridici che rendono i testi normativi di difficile e controversa
lettura anche per i tecnici del diritto.
- La c.d. "Riforma Boschi" (approvata dalla Camera con 361 voti su 630!) è stata decisa da un Parlamento sul quale pesano fondati dubbi di legittimazione, a seguito della nota sentenza della Corte Costituzionale, n. 1 dd. 13 gennaio 2014 con la quale è stata cassata la legge elettorale previgente (c.d. Porcellum) e cioè con parlamentari "nominati", insicuri di essere rieletti e perciò esposti ad abituali cambi di casacca (in questo stralcio di legislatura i passaggi da un gruppo parlamentare all'altro sono stati 325 tra Camera e Senato per un totale di 246 parlamentari).
- La c.d. "Riforma Boschi" viola il diritto di elettorato attivo come forma di esercizio della sovranità popolare (art. 1, comma 2, Costituzione), giacché la Costituzione garantisce l'elettività diretta delle assemblee legislative, e non prevede affatto l'interposizione di elezioni di secondo grado e/o indirette come disposte dalla riforma tramite i c.d. "grandi elettori regionali".
Per tacere del fatto che la
nomina a senatore dei sindaci (sulla quale la riforma nulla dice)
collide con il principio di ragionevolezza, posto che non è dato di
capire come sia possibile adempiere con "disciplina ed onore"
(Cost. art. 54) alle due assorbenti funzioni in contemporanea.
- La c.d. "riforma Boschi", in nome di una pretesa semplificazione dell'iter legislativo, aumenta i procedimenti legislativi di approvazione delle leggi dagli attuali tre (procedimento normale, conversione decreti legge, procedimento di riforma costituzionale) in otto (cfr. artt. 70, 71, 72, 73, e 77 Cost.) con conseguente e fondato rischi di complicare in pejus la tempistica dei provvedimenti.
Oltre a dette stringate ma
assorbenti ragioni, si ravvisano nella riforma altre contraddizioni
che, per motivi di economia espositiva, vengono qui evidenziate in
modo sintetico:
- La violazione del principio di eguaglianza e ragionevolezza a fronte della macroscopica differenza tra il numero dei deputati (630) con quello dei senatori-sindaci e/o consiglieri regionali (95).
- L'inspiegabile allargamento ai senatori-sindaci e/o consiglieri regionali del privilegio dell'immunità.
- Il travaso inorganico di competenze legislative dalle Regioni ordinarie allo Stato per una cinquantina di materie affastellate in 21 lettere dalla a) alla z), con rischio di un perenne conflitto di attribuzioni.
- L'inspiegabile ed illogico riparto dei numeri dei senatori in riferimento alle singole regioni (p. es.: 14 senatori alla Lombardia e 2 al Friuli Venezia Giulia nella quale le minoranze linguistiche rischiano di rimanere fuori gioco (art. 6 Cost.).
- L'aumento da 50.000 a 150.000 firme per l'iniziativa legislativa popolare.
- La contraddittoria compresenza di due forme di referendum abrogativo in base al numero dei proponenti e dei votanti, con la trasparente mira di seppellire definitivamente tale guarentigia costituzionale.
Infine, ultimo ma non ultimo, il
potenziale esplosivo che rischia di sviluppare la "Riforma
Boschi" se valutata in uno con la nuova legge elettorale (il c.d
Italicum).
Il connubio legislativo (Riforma
Boschi - Italicum) rischia di far si che nella scontata ipotesi di
ballottaggio, il potere si concentri tutto nelle mani della sola
forza politica che raccolga meno del 40% dei votanti e cioè,
atteso il dilagante fenomeno dell'astensione, che rappresenti solo
il 25% del corpo elettorale.
Questioni e rischi questi per i
quali si sono già spese le critiche di costituzionalisti di
indiscusso spessore, al di fuori e al di sopra di ogni speculazione
partitica, e ai quali gli scriventi fanno qui riferimento,
contestando il merito della "Riforma Boschi" che, col
preteso stimolo e collegamento con le esigenze di modernità e
asserita governabilità del Paese, rischia invece di provocare
guasti insanabili al nostro ordinamento democratico che costituisce
patrimonio di noi tutti e che tutti siamo chiamati a difendere.
Seguono settanta firme di avvocati del Foro di Trieste.
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