La notizia principale che ho trovato al mio ritorno dal Cile è l’approvazione da parte della Camera – in prima lettura, e a maggioranza semplice – della riforma costituzionale del Senato. Il testo è così disarmante, anche solo dal punto di vista tecnico, che non metterebbe conto parlarne.
Ma la notizia è, appunto, la sua approvazione a maggioranza semplice: dunque, non con la maggioranza qualificata che, dopo l’approvazione in seconda lettura, permetterebbe di evitare il referendum. A questo punto è difficile sperare nella resipiscenza di Renzi, prima dell’approvazione definitiva in seconda lettura: credo che lui non conosca neppure il significato, della parola “resipiscenza”, e che non manderebbe neppure la Boschi a cercarlo sul dizionario. Insomma, si corre dritti verso il referendum costituzionale: e lì voglio vederlo, il Matteo, a difendere il pastrocchio.
Sulle tante ragioni per cui la riforma del Senato è irricevibile, mi limiterò a menzionare la seguente, che credo potrebbe sottoscrivere qualsiasi giurista liberale. Lo scopo finale della riforma – dopo tutti gli altri già addotti da Renzi, tipo il costo dei senatori, che in realtà è crollato dai tempi di Berlusconi – è che il nostro Parlamento non funziona. Ma il nostro Parlamento funziona pure troppo, se è vero che in un anno sforna cinque volte le leggi prodotte dal Parlamento britannico, e due volte quelle dei parlamenti francese e tedesco. Il vero difetto dell’attuale Parlamento, per Renzi come per Berlusconi, è un altro: presentare ancora tracce di democrazia, mentre loro preferirebbero governare per decreto.
Ma non vorrei esagerare con le critiche, sennò qualcuno pensa che prendo la riforma sul serio. E allora mi limito a segnalare un libro del mio amico triestino Giulio Ercolessi, ex segretario del Partito radicale e liberale autentico, certificato da Sir Graham Watson, Presidente dell’Alleanza dei Liberali e Democratici per l’Europa (ALDE), che firma la prefazione. Il libro, pannellianamente intitolato ‘Sfascismo costituzionale’ e in uscita da Aracne, adduce un’ulteriore ragione per rifiutare questa riforma. In congiunzione con la riforma elettorale, essa indebolisce la rigidità della Costituzione, esponendola agli attacchi di qualsiasi leader populista come Orban o Salvini. La cosa più divertente di questo libro serissimo, peraltro, è il nomignolo che applica a Renzi: l’Ometto della Provvidenza. Mi piace, lo adotterò.
Mauro Barberis
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