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Scelte politiche che arrivano da lontano sono ormai sfuggite di mano alle maggiori forze politiche parlamentari col risultato che la spasmodica ricerca della stabilità di governo ha condotto alla fine della rappresentatività del Parlamento e con essa è stata azzerata la democrazia rappresentativa.
Non possiamo restare inerti! Possiamo ancora fermarci e imboccare la via maestra, indicata dalla Costituzione nata dall’Antifascismo e dalla Resistenza, che impone il dovere inderogabile della solidarietà politica, economica e sociale, all’interno di una democrazia rappresentativa basata sulla centralità del Parlamento.
Dagli inizi degli anni novanta del secolo scorso il mondo politico ha scelto di sacrificare la rappresentatività del Parlamento per inseguire la cosiddetta “governabilità”. Il sacrificio della rappresentatività del Parlamento è giunto a un tale livello d’irragionevolezza da essere sanzionato dalla Corte costituzionale. L’attuale sistema elettorale, noto come rosatellum, replica aspetti d’incostituzionalità del famigerato porcellum! In breve, per riprendere le parole della Corte costituzionale (sentenza n.1/2014), alla totalità degli eletti manca il sostegno diretto degli elettori perché i partiti si sono sostituiti agli elettori nella scelta di coloro che dovrebbero rappresentare gli elettori.
Il sacrificio della rappresentatività del Parlamento non ha in ogni caso portato l’agognata governabilità.
Dal 1994, prima applicazione della nuova legge elettorale a prevalenza maggioritaria, al settembre 2022 abbiamo avuto 17 esecutivi, con 11 diversi Presidenti del Consiglio e 3 elezioni anticipate! Mediamente, un governo ogni 20 mesi.
L’ennesima nuova proposta di riforma costituzionale, che prevede l’elezione diretta del Presidente del Consiglio, non può produrre stabilità di governo. Il governo cade sempre per implosione della maggioranza che lo sostiene.
La riforma costituzionale comporterebbe l’asservimento della maggioranza parlamentare all’Esecutivo. Infatti, i parlamentari si trasformerebbero sempre in più in una sorta di collaboratori del proprio capo politico al quale devono l’elezione. Il potere legislativo sarebbe sempre più nelle mani dell’Esecutivo, rendendo il Parlamento periferico nel sistema politico-istituzionale, a dispetto del fatto che, sulla carta, la nostra Costituzione resterebbe caratterizzata dalla centralità parlamentare. Le elezioni non servirebbero a scegliere i rappresentanti politici – cosa già oggi impedita – ma a scegliere il capo del Governo, a cui sarebbe garantita la maggioranza del Parlamento. Avremmo così la squadra della Maggioranza che farebbe quel che vuole e le Opposizioni che resterebbero in panchina in attesa delle prossime elezioni.
In un governo parlamentare si può anche ipotizzare l’investitura popolare del Presidente del Consiglio, ma in nessun sistema di democrazia liberale è previsto che tale investitura popolare sia accompagnata dalla certezza matematica di disporre della maggioranza assoluta del Parlamento. Ciò determinerebbe la fine di ogni dialettica politica, la fine dell’equilibrio e della separazione tra i poteri.
Il Premier inglese o il Cancelliere tedesco la maggioranza deve costruirsela con la propria autorevolezza, leadership e capacità di mediazione. Nemmeno il Presidente statunitense e francese hanno la garanzia di disporre della maggioranza del Parlamento.
Una tale proposta di riforma costituzionale, dunque, stravolge l’impianto costituzionale, basato sul governo parlamentare, per dare vita a un regime politico totalmente privo di sistemi di controllo e bilanciamento, senza alcun contrappeso e garanzia per le opposizioni e le minoranze. Questa riforma costituzionale va respinta con fermezza, ma respingerla non ci consentirebbe di gioire per lo scampato pericolo, perché inizierebbe un’altra fase altrettanto pericolosa.
Se il referendum costituzionale bocciasse la riforma Meloni, ancora una volta sarebbe il “popolo” con il proprio voto a salvare la Repubblica da riforme che, lungi dall’essere una revisione della costituzione, rappresentano tentativi di sovversione della Costituzione.
Respinta la riforma, rischieremmo di tornare a votare con l’attuale sistema elettorale o, peggio, che la maggioranza modifichi l’attuale legge elettorale per aumentare la quota uninominale con l’obiettivo di disporre dei numeri sufficienti per modificare la Costituzione senza passare per il voto popolare.
Necessario, dunque, adoperarci per superare l’attuale legge elettorale eliminando da essa tutti gli aspetti palesemente incostituzionali e ciò è possibile solo grazie ai referendum abrogativi.
La legge elettorale è il pilastro intorno al quale si sta disgregando la Repubblica e cancellando la democrazia parlamentare.
Per contrastare efficacemente l’ennesima riforma costituzione è necessario che la centralità e rappresentatività del Parlamento torni al centro del dibattito pubblico: solo così si comprenderà che la sovranità del popolo non può ridursi alla scelta del Capo; occorre restituire al Parlamento quel ruolo di “legislatore collettivo” che gli appartiene.
Dalla primavera scorsa intorno a questa idea abbiamo lavorato con il compianto Felice Besostri elaborando una proposta di referendum che elimina il voto congiunto tra candidato uninominale e liste plurinominali collegate, la ripartizione del voto dato al solo candidato uninominale sulle liste plurinominali collegate, le soglie di sbarramento ... in modo da restituire al corpo elettorale un minimo di libertà di scelta dei propri rappresentanti. Su questa strada abbiamo incrociato l’interesse di Vincenzo Palumbo e altri ex-parlamentari, nonché degli avvocati Anna Falcone e Enzo Paolini e di tante associazioni della società civile.
Il nostro obiettivo è mobilitarsi per eliminare dall’attuale legge elettorale tutti gli aspetti che ledono la volontà espressa dagli elettori impedendo la scelta dei propri rappresentanti. Modificando la legge elettorale ci daremo la possibilità di riprendere la via maestra indicata dalla Costituzione. Diversamente, il Parlamento continuerebbe a essere periferia del sistema istituzionale e non rappresentativo della volontà popolare: non può esistere la democrazia rappresentativa se gli elettori non possono scegliere i propri rappresentanti. La madre di tutte le riforme è restituire ai cittadini il potere di scegliere i loro rappresentanti.
Vogliamo essere noi a scegliere, incominciando dai nostri rappresentanti.
9 febbraio 2024
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